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Gli elementi e le menti - Note a margine di uno spettacolo

(scritto per il progetto presentato al Festival della Scienza di Genova, 2019)

Non vi è qui alcun bisogno di spiegare perchè le osservazioni astronomiche fatte da Galileo nel 1609 e negli anni immediatamente successivi abbiano contribuito in maniera determinante a scardinare convinzioni vecchie di migliaia di anni. Nè come queste e il modo in cui vennero presentate abbiano gettato le basi del metodo scientifico.

Tuttavia, nel contesto della connessione fra lo spettacolo Con gli occhi di Galileo e il tema conduttore del Festival della Scienza 2019, giova fare alcune considerazioni su un aspetto di non poco rilievo, cui di rado si è attribuita sufficiente importanza e dato risalto adeguato.

Per molti millenni la cosmologia occidentale ha relegato la materia alla sfera sub-lunare, attribuendo una natura sublime e incorruttibile a tutto ciò che si trova al di fuori di essa. Lo stesso concetto di elemento, definito da Platone nel Teeteto come ciò da cui le cose (noi inclusi) hanno origine (ma di cui non si conosce l’origine), rimane confinato entro le immediate vicinanze della Terra. Mentre gli astri seguono corsi immutabili in un universo che sfugge a qualsiasi comprensione, l’orizzonte umano è tutto rinchiuso entro le sfere dei quattro elementi: terra, acqua, aria e fuoco. Questa visione cosmologica affonderà radici profondissime, sviluppando un fusto su cui si innesteranno anche alcuni principii dogmatici della religione cristiana.

Lo sconvolgimento introdotto in questa visione dal telescopio di Galileo è riassunto in modo molto efficace in queste parole che, paradossalmente, sono contenute in uno degli undici argomenti contra Galileum di cui Tommaso Campanella voleva dimostrare la falsità:

Dall’opinione di Galileo, poi, consegue che vi sia una molteplicità di mondi, di terre e di mari, come ritiene Maometto, e anche uomini che vi abitano, se negli astri vi sono i quattro elementi come nel nostro mondo; se infatti ogni stella risulta composta di tutti e quattro gli elementi, ognuna di esse sarà senza dubbio un mondo. Ma poiché nelle Scritture si parla di un solo mondo, e di un solo genere umano, egli pare sostenere opinioni in contrasto con esse.”(1)

La scabrosità della superficie lunare, che la rende simile alla terra, e l’esistenza di lune attorno a Giove mandano in frantumi le sfere cristalline, e popolano l’universo degli stessi elementi che l’intelletto e l’esperienza hanno posto sotto lo scrutinio della mente umana. Tanto da far scrivere a Johannes Kepler, poco dopo la pubblicazione del Sidereus Nuncius:

O telescopio onnisciente e più potente di uno scettro: colui che ti tiene nella mano destra, non è egli forse re e signore delle opere di Dio? Tu, invero. Ciò che si trova sopra di noi, grandi orbi animati dal moto, tu riveli all’intelletto."(2)

Parole profetiche, che sottendono significati di una portata ben al di là di ciò che l’autore stesso poteva immaginare. Si era infatti ancora lontani dall’astrofisica, che avrebbe portato a usare gli elementi e le righe spettrali che li caratterizzano per accedere alle proprietà chimiche e fisiche della materia. La stessa materia di cui siamo composti, anche se in stati molto diversi da quelli che la natura sub-lunare ci pone sotto gli occhi. Ancora lontani, dicevamo, ma il meccanismo si è messo in moto, ed è inarrestabile.

Il telescopio diviene dunque la chiave per liberare gli elementi dalla loro prigione terrestre, facendoli divenire al tempo stesso oggetto di studio e strumento di conoscenza. Anche se destinati a restare ancora per molto tempo inaccessibili all’esame diretto, gli elementi invadono improvvisamente l’universo. Ben prima che si giungesse alla più fine classificazione che di essi darà la fisica moderna.

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Ed è attraverso gli elementi che ha avuto inizio allora e continua oggi l’esplorazione del cosmo, la dilatazione della frontiera estrema della nostra geografia. Quegli stessi elementi che un giorno, per mezzo di telescopi giganti, occhi dilatati di un Galileo sempre vivo, ci permetteranno di studiare le atmosfere dei pianeti extra-solari. Che, in ultima analisi, potranno dare alcune risposte alla nostra solitudine cosmica. Tramite una commistione fra le valenze storico-filosofiche della vicenda di Galileo e la loro eredità che si realizza nello Extremely Large Telescope (ELT), i due astronomi (quello di allora e quello di oggi) tentano un rapporto personale con il destinatario del messaggio, che si fonda sulle emozioni, trasmesse ed evocate di prima mano. Per questo fra i progetti scientifici più ambiziosi si è scelto ELT: affinché il messaggio sia credibile e portato da uno scienziato, figlio spirituale di Galilei, e come il Sidereus Nuncius parli di ciò che quello strumento ancora non ha smesso di significare, quovis sceptro preciosius.

E in questo esperimento, a rappresentare le difficoltà di un percorso tutt’altro che rettilineo, a rendere umano, vivo e percepibile il conflitto fra gli elementi (ovvero la natura nel suo manifestarsi) e le menti (e cioè il modo in cui l’interpretiamo), si inseriscono il caso Galileo ed il suo moderno rigurgito nella vicenda di Pio Paschini. Strumenti drammatici pieni di contenuto.

Max Olitz, Marzo 2019 ©

 

(1) T. Campanella, Apologia pro Galileo, a cura di M.-P. Lerner, traduzione di G. Ernst, Scuola Normale Superiore, Pisa 2006, p. 21. Citato in Bucciantini, Camerota, Giudice, Il telescopio di Galileo - Una storia europea, Piccola Biblioteca Einaudi, 2012, p. 270.

(2) “O multiscium et quovis sceptro preciosius perspicillum: an qui te dextra tenet, ille non Rex, non Dominum constituatur operum Dei? Vere tu. Quod supra caput est, magnos cum motibus, orbes subijcis ingenio.” J. Kepler, Dioptrice, 1611. Traduzione dell’autore.

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